La metamorfosi

Maestra: “Franz, quanto fa 2+2?”
Piccolo Kafka (che non ascolta e scrive un romanzo): “…”
Maestra (alterata): “Franz, allora?!”
Piccolo Kafka: “Ich verstehe deine Sprache nicht, ich bin Böhme”
(Ride tutta la classe)
Maestra (arrabbiatissima): “Ma che vai dicendo?! Vergognati! Adesso vieni qui che ti metto il cappello da asino e te ne stai dietro la lavagna fino alla campanella!

“Non parlo la vostra lingua, sono boemo”. La maestra scoprì parecchi anni dopo, durante un viaggio sessuale a Magonza, il significato della risposta del piccolo Franz. Aspettò che il partner di turno, tale Hans, si recasse in bagno per sfuggire ai controlli dello smoke detector e godersi in santa pace la paglia post-coito, per impiccarsi ad una pala del ventilatore da soffitto col lenzuolo. Sulla scatola di preservativi scrisse, a mo di commiato: “Unglücklichsein”. Leggenda narra che uno dei due poliziotti giunto sul luogo del suicidio, confrontando il volto cianotico con una foto trovata nel portafoglio della defunta stessa, per la prassi del riconoscimento, abbia esclamato “Però, bella metamorfosi!”, e via di sghignazzate e gomitate col collega.

Che cosa voleva comunicare qui l’artista: si è messo nei panni di un ipotetico compagno di classe e ha disegnato un Kafka più grandicello. La trasformazione in uno degli animali più dolci e belli che esistano pare quasi divertire lo scrittore, fonte d’ispirazione, tra gli altri, anche di Murakami: Kafka sulla spiaggia (sottotitolo Ma non si fa nulla) è una magnifica metafora sui cambiamenti che l’adolescenza comporta. Ne parla anche Piero Pelù ne Il mio corpo che cambia, d’altronde. La somiglianza con il fratello di uno dei membri de I put an onion poi è impressionante.